Informazioni generali


Data dell'escursione: da 25.05.2024 a 26.05.2024

  • Itinerario:

    Castello Brancato e Monte Palanuda

  • Parco, area protetta o zona: Parco Nazionale del Pollino
  • Direttori di escursione:
    1. Cosimo Buono; falchetto.cosimo@gmail.com; 392 431 8088
    2. Rosa Di Pede; rosadipede@libero.it; 328 025 4514

Caratteristiche tecniche

  • Descrizione:

    25 maggio: da Piano Campolongo a Castello Brancato
    Tipo di percorso lineare A/R
    Lunghezza totale ca. 11 km
    Dislivello complessivo positivo ca. 500 m
    Tempo percorrenza ca. 6 h (soste comprese)
    Difficoltà E (escursionistica)
    Fondo strada sterrata, sentiero
    Punti di acqua al rifugio, poi sorgente a circa 5 km
    Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche e/o tratti esposti.
    Descrizione del percorso
    L’escursione inizia in località Piano Campolongo, un esteso altopiano a quota intorno ai 1.020 s.m.l., e segue il sentiero CAI 633.
    Dal rifugio CAI Biagio Longo, si prende la stradina a destra seguendo l’indicazione CAI “Sentiero Conte Orlando – Sentiero La Salviosa”, dopo mezzo chilometro circa, al successivo incrocio, si prende a sinistra e dopo un chilometro circa, dove finisce l’asfalto, si parcheggiano le auto per iniziare l’escursione.
    Questa si svolge quasi interamente su un’ampia strada forestale, all’ombra di una faggeta. Dopo un primo tratto in costante salita, si supera un cancello della Forestale e il percorso prosegue in discesa e a mezza costa fino a raggiungere il Rifugio Salviosa (inattivo), dove sarà possibile riempire le borracce in prossimità di una piccola area pic-nic e consumare il pasto. Il cammino riprende su un sentiero ben segnato che conduce, con un ultimo tratto in salita, alla meta, Castello Brancato (922 m s.l.m.), ovvero uno sperone roccioso ammantato di verde, dalla cui cima potremo apprezzare uno splendido panorama a 360 gradi a ridosso della profonda valle del Fiume Argentino (che sfocia nel Fiume Lao pochi chilometri dopo l’abitato di Orsomarso) e con la costa tirrenica sullo sfondo. Il ritorno prevede lo stesso percorso dell’andata al contrario.

    26 maggio: da Piano Campolongo a Monte Palanuda
    Tipo di percorso lineare A/R
    Lunghezza totale ca. 12 km
    Dislivello complessivo positivo ca. 730 m
    Tempo percorrenza ca. 7 h (soste comprese)
    Difficoltà E (escursionistica)
    Fondo strada sterrata, sentiero, pietraia in prossimità della cima del Monte Palanuda
    Punti di acqua esclusivamente al rifugio (presenti punti d’acqua lungo il percorso, ma non è accertata la potabilità)
    Il percorso non presenta particolari difficoltà tecniche e/o tratti esposti.
    Descrizione del percorso
    L’escursione inizia nello stesso punto di partenza della precedente, in località Piano Campolongo, e segue il sentiero CAI 636. La prima parte si svolge all’ombra del bosco di faggi su un’ampia strada forestale, prima in lieve pendenza, poi con una pendenza più elevata fino ad arrivare al rifugio Conte Orlando (chiuso). Da qui il percorso si snoda su un bel sentiero, quasi sempre in ombra, che si sviluppa lungo un piccolo solco torrentizio asciutto, che conduce alla località Piano di Cambio, un’ampia radura che altro non è che una dolina, ovvero una depressione del terreno impostata su rocce carbonatiche. Dopo un breve strappo in salita, si ritorna nel maestoso bosco di faggi e il sentiero procede a mezza costa fino alla piccola sella che precede la salita finale alla cima del Monte Palanuda (1.642 m s.l.m.). La fatica di quest’ultima salita sarà ripagata da un panorama mozzafiato che spazia dal Mar Tirreno alle cime del Pollino. Dopo aver consumato il pranzo sulla vetta, ritorneremo sui nostri passi lungo il medesimo percorso seguito all’andata.

  • Equipaggiamento necessario:

    Per le escursioni, i partecipanti dovranno calzare obbligatoriamente scarpe da trekking, preferibilmente alte. Consigliato il supporto dei bastoncini.
    Si raccomanda di portare nello zaino: un piccolo kit di pronto soccorso, felpa o pile, giacca a vento, mantella antipioggia, crema solare e cappellino, almeno un litro e mezzo di acqua, telefono cellulare, pranzo a sacco per entrambe le giornate.
    Per la permanenza in rifugio: necessari sacco a pelo o sacco letto o lenzuola e federa copricuscino; guanciali e coperte sono a disposizione degli ospiti.

  • Equipaggiamento facoltativo:

Cartografia

logo

Approfondimenti

  • Note:

    Il pernottamento sarà presso il Rifugio CAI “Biagio Longo”, situato nel Comune di Mormanno e gestito dalla Sezione CAI di Castrovillari (CS).
    È richiesto spirito di adattamento in ambiente spartano, considerato quanto segue. Il rifugio è organizzato in 4 camerate con letti singoli e a castello ed è dotato di cucina, camera da pranzo e due bagni (distinti per femmine e maschi). La colazione di domenica mattina sarà consumata nel rifugio, a nostra cura e ognuno di noi condividerà qualcosa: tè, caffè, pane, fette biscottate, biscotti, marmellata, frutta. Il rifugio è dotato di: fornelli, frigorifero, macchinetta moka, stoviglie, posate.
    La cena del sabato si farà presso l’agriturismo Il Rifugio del Pettirosso (0981.80276 – 347.7763325 – 340.2941968), a un chilometro circa di distanza dal Rifugio Biagio Longo.

    Note sulla vegetazione
    Sin dall’inizio della nostra escursione di sabato, ai lati della strada bianca osserveremo i sambuchi. Due sono le specie di sambuco che troviamo nei nostri boschi: il sambuco ebbio (Sambucus ebulus, fam. Caprifoliaceae) e il sambuco comune o sambuco nero (Sambucus nigra, fam. Caprifoliaceae). La distinzione è importante perché uno è particolarmente tossico mentre l’altro è ampiamente utilizzato in erboristeria e in cucina, tanto da essere anche coltivato.
    Il sambuco ebbio è una pianta erbacea (il fusto ancorché eretto non è legnoso) mentre quello nero è un alberello (quindi ha fusto legnoso) che può arrivare a 8-10 m. di altezza, molto ramificato, con rami che tendono a essere arcuati e ricadenti. Il sambuco comune è molto appariscente in primavera e inizio estate, quando la sua chioma si riempie delle fioriture bianche a ombrello, profumate.
    Se abbiamo dei dubbi, un elemento che può aiutarci a identificarlo è l’aspetto della corteccia, grigio-rossastra con le caratteristiche fessurazioni longitudinali e frequenti lenticelle brunastre. Le foglie (decidue) sono picciolate (c’è un picciolo prima della lamina), opposte e imparipennate (a due a due con una foglia terminale alla fine del ramo) e di forma ovale-lanceolata (lunghezza fino a 20 cm.), con margine leggermente seghettato e apice a punta (a differenza dell’altro sambuco, che invece è tondeggiante).
    Le infiorescenze dei due sambuchi si somigliano, ma a ben guardare ci sono differenze inconfondibili: i fiorellini, composti da cinque petali, sono bianchi ma gli stami (gli organi maschili che portano il polline) sono gialli al sambuco “buono” e rossastro-scuri al sambuco “cattivo”. È vero, come qualcuno ha osservato, che le infiorescenze e poi i frutti (drupe) del primo tendono a inclinarsi, a differenza del secondo (ma non prendetelo come unico elemento distintivo!). Le drupe mature del sambuco comune, portate da raspi rossastri, diventano di un nero lucido e appaiono come grappoli.
    Un’altra cosa che possiamo dire è che il sambuco comune fiorisce in anticipo: perde i fiori e comincia a maturare quando l’altro i fiori ce li ha ancora.
    Il sambuco nero era pianta sacra nella tradizione dei popoli germanici, per i quali non andava sradicata; il flauto magico delle fiabe nordiche era ricavato dal legno di sambuco privato del midollo; una delle bacchette magiche di Harry Potter è di sambuco.
    I frutti maturi (preferibilmente cotti) sono eduli con effetto lassativo e diuretico. Se ne ricava anche una nota bevanda alcolica: la sambuca. Fiori e frutti vengono impiegati anche contro raffreddori e bronchiti.
    L’albero principe degli Appennini (che ci ha protetti dal sole sia sabato, sia domenica) è il faggio (Fagus sylvatica). Nelle due escursioni previste incontreremo alcuni esemplari di faggio di ammirevoli dimensioni. Una caratteristica della faggeta è di essere povera di sottobosco, a causa della scarsa luce che lascia filtrare: sono frequenti però la dafne laurella e la campanula agglomerata. Le radure lasciano invece spazio ad altre essenze vegetali: rosa canina, melo selvatico, belladonna, maggiociondolo, aceri (acero opalo e acero di Lobel), frassini (frassino orniello).
    Molto particolare è l’area della Salviosa, prima di giungere a quella specie di torre naturale che è Castel Brancato, annunciata da tante piante di salvia comune (donde probabilmente il nome del luogo), dall’elicriso, dal ginepro (probabilmente lo Juniperus communis). La zona, esposta a sud e protetta dai venti, custodisce un giardino (per la verità un po’ trascurato) con alberi da frutto (mandorli, susini, fichi) e non (cipressi) evidentemente piantati dall’uomo e poi tanti lecci e, nell’ultimo tratto, l’erica arborea e il corbezzolo, il quale ultimo normalmente non vegeta oltre quote collinari.
    Troveremo anche dei pini (probabilmente un rimboschimento di pino nero, degli abeti bianchi, forse anche l’abete rosso, l’ontano).
    Lungo il secondo itinerario cammineremo all’interno di una faggeta mista ad agrifoglio. Poi, salendo verso la cima del Monte Palanuda, potremo incontrare la stregonia siciliana, il garofano selvatico, il verbasco.
    Tra le specie parassite: il fungo legnoso dell’esca del fuoco (i funghi non sono piante ma costituiscono un regno a sé stante), il vischio e un’orchidea selvatica detta “nido d’uccello”, priva di clorofilla, che vive in simbiosi con un fungo.
    Tra queste non ho inserito l’edera (Hedera helix), in quanto erroneamente considerata (anche da me) una pianta parassita in grado di succhiare la linfa delle piante tramite le radici avventizie, che invece hanno esclusivamente una funzione di sostegno. L’edera ha una sua valenza poiché contribuisce alla selezione naturale del bosco: quando “abbraccia” i tronchi, con il suo peso, appesantisce a fa cadere gli alberi meno resistenti e già malati, accelerando il rinnovo del bosco e il completamento del ciclo biologico.
    Due parole finali per Biagio Longo, il botanico di Laino Borgo a cui è dedicato il rifugio che ci ha ospitati. È stato lui a dare il nome italiano di “pino loricato” (quello scientifico è Pinus heldreichii subsp. leucodermis), a quell’albero maestoso che sfida i gelidi venti invernali sulle cime del Pollino e dell’Orsomarso.



Leggere attentanente


Iscrizioni e informazioni per la partenza

  • Quota di partecipazione:

    Soci CAI € 2,00;
    Non soci €20,00: quota comprensiva di assicurazione;
    Pernottamento in rifugio € 10,00;
    Cena in agriturismo € 23 (antipasti, primo e bevande);
    Spese di viaggio: le spese per raggiungere il luogo di partenza dell’escursione saranno divise, come di consueto, tra i passeggeri di ciascuna autovettura.

  • Appuntamento e partenza:

    Sabato 25 maggio alle ore 6:45 in via La Martella, davanti alla Banca BPER.

  • Come raggiungere la località di partenza:

    Per raggiungere il Rifugio CAI “Biagio Longo” (coordinate: 39°50’28.25″ N – 15°59’23.86” E), all’uscita da Matera prenderemo la SS 7 e poi la SS 104 Basentana in direzione Metaponto. Quindi lo svincolo per Pisticci per percorrere la SP 176 fino a Craco Peschiera; quindi, la SP 103 in direzione Montalbano J. e la SS 598 Fondo Valle d’Agri per un breve tratto, per svoltare a destra lungo la SP 154 e proseguire fino all’immissione nella SS 653 Sinnica in direzione Valsinni. Percorreremo la statale fino allo svincolo per immettersi sull’Autostrada A3 “Salerno/Reggio Calabria” in direzione Reggio Calabria. Lasciata l’autostrada allo svincolo “Campotenese”, seguiremo le chiare indicazioni per il Rifugio CAI “Biagio Longo”, che raggiungeremo percorrendo circa 10 km su viabilità secondaria locale. Breve sosta colazione prevista a Campotenese, poco prima di raggiungere il rifugio e dopo aver lasciato l’autostrada, presso l’hub di accoglienza turistica del Pollino “La Catasta” (https://catastapollino.com/).
    Al ritorno, una volta ritornati sulla SS 635 Sinnica, anziché prendere lo svincolo per Tursi, proseguiremo fino alla SS 106 Jonica in direzione Taranto. Allo svincolo per Metaponto, prenderemo la SP 3 in direzione Matera, per immetterci nella SS 7 fino a rientrare in città, via La Martella.

Richiesta di iscrizione

  • Socio
  • Non socio
  • Si
  • No