Bosco Magnano

Oggi devo rodare le scarpe nuove, prese per poter affrontare, senza fastidiosi pediluvi, l’agognata neve. Il percorso, lungo, ma privo di grossi dislivelli mi convince che è giusto farlo oggi.
I primi passi sono incerti. Rocco “con la barba” mi prende in giro. Ma come provetta escursionista … NON RIDETE! … affronto il sentiero.
Il luogo è conosciuto. Diverse volte io e Franco abbiamo camminato sotto questi alberi. Ma bastano pochi passi per ricordare uno dei motivi per cui mi piace fare trekking. Puoi andare in un posto mille volte, ma ogni volta è una sorpresa.

Ogni volta la natura si impegna a mettere in scena uno spettacolo nuovo. Coordina, da navigato comandante, il vento, le foglie, gli uccelli, il ruscello. E anche oggi ci riesce alla grande.
Il bosco è di una bellezza struggente.
Forzo leggermente il passo, in modo da essere la prima della fila, in modo da non avere nessuno davanti. Il vociare degli amici dietro di me, diventa un sottofondo che si somma in modo sorprendentemente armonioso al suono del vento e del ruscello. Sento che qualcuno cammina subito dietro di me. E mi piace il rumore delle foglie smosse dai loro passi e il tic del bastoncino sulle pietre.
Il mio passo diventa regolare come il mio respiro e … lascio che il bosco mi invada. Permetto ai colori di riempirmi gli occhi. I miei piedi diventano radici, le mie braccia rami. Consento al muschio di depositarsi sul tronco, all’edera di avvolgermi.
Un leggero vento agita gli alberi. Dai loro rami si staccano le foglie. E leggere come fiocchi di neve cadono a terra. Raggiungono le compagne già cadute e insieme si divertono a comporre un variopinto tappeto. Una foglia è rimasta impigliata nel filo di una ragnatela. Il vento le fa compiere infiniti giri su se stessa. Sembra sospesa.
I colori sono innumerevoli. Il verde che lotta strenuamente contro l’assedio del giallo. L’arancio, il rosso, il marrone.
Le foglie cadono anche sull’acqua del ruscello che le porta via, a volte piano, a volte velocemente. E mi viene da sorridere … sembra che il ruscello abbia il morbillo.
Tock. Rompe l’incanto un piccolo tonfo. Sono le ghiande che cadono dagli alberi.
Penso a Cosimo e Siri. Penso alla loro escursione del silenzio e mi colpisce quanto sia vario il sentire umano. Quanto può essere diverso il modo di approcciarsi alla natura.
Rallento, le scarpe nuove e la stanchezza mi ricordano i mesi di inattività.
Enzo (Di Leo) mi raggiunge e sorpassa. Si ferma alcuni passi avanti a me. Il sentiero è pieno di fango e sta studiando la strada. Si gira e mi regala uno dei suoi bellissimi sguardi friccicarini. Mi dice “se non ci sporchiamo le scarpe non si vedrà che siamo stati in montagna!”. “Dove cammini tu vengo anch’io” gli rispondo.
E’ divertente fare cik ciak con il fango! E poi io devo provare il GRIP delle miei scarpe. Ma per favore non ditelo a mio marito. E’ lui che si occupa della manutenzione dell’attrezzatura!
Arriviamo al recinto dei cervi, ma di loro nessuna traccia. Nicola è dispiaciuto. Ci teneva tanto a farceli vedere. Franco, Damiano (Pipino) e Rocco “con la barba” ci avevano preceduti per fare un po’ di foto. Non li vedo. Continuo sul sentiero, ed eccoli poco più in là. Sono fermi vicino la recinzione. I cervi sono lì.
Mi avvicino piano per non fare rumore e vedo le sagome delle femmine tra gli alberi. Una femmina mi sente arrivare, smette di brucare e alza la testa. Muove le orecchie, ma decide che non sono un pericolo per lei. Mi fermo vicino al recinto. Ci sono diversi esemplari, tutte femmine. Ho mancato il maschio di qualche minuto, mi diranno. Sono tranquille, si vede che sono abituate agli esseri umani. Sento arrivare gli altri e faccio loro segno di fare piano.
Una folata di vendo più forte fa staccare una grande quantità di foglie … ed è meraviglia! Un momento magico. Il tempo è sospeso. Ci sono solo le foglie colorate, il bosco e i cervi. E questo momento entra di diritto tra i momenti più belli che ho vissuto.
 
Margherita