17 gennaio 2010: sulla neve della Duglia nel bailamme dell’amicizia

“Se non ritornerete come bambini” recitano scritti sacri da qualche parte: sicuramente andare in escursione in più di trenta fa diventare tutti un po’ come bambini: sarà il bianco, il freddo, queste atmosfere ovattate dove il fuoco la fa da padrone con la legna ed il fumo a profumare gli animi ed a renderli meravigliosamente luminosi e risplendenti ma tutti oggi hanno liberato un po’ di bambino entusiasta che gioca e si diverte, lontani almeno per qualche fuggevole attimo dalle noie della quotidianità. Un giorno speciale, dunque, che ogni anno si rinnova alla prima escursione sulla neve, augurio per una serena annata di escursioni in magica simbiosi fra esseri umani e natura.

L’associazione Trekking Falco Naumanni anche quest’anno si ritrova fra volti ormai veterani e qualche volto nuovo: si consolida il ricambio generazionale e così anche qualche cucciolo ancora alle prime armi sul bianco fa la sua comparsa nella gioia dei più grandi. Ma oggi, sottolineo ancora, è giorno da vivere come bambini: risolte velocemente le questioni legate alle autovetture ed alla strada un po’ innevata siamo già pronti fra saluti e baci a muoverci in due gruppi che non sono ancora le 10: l’esperienza si sente e la programmazione attenta produce i suoi frutti in termini di tempistiche rispettate ed equipaggiamenti adeguati.

Il gruppo soft (ma si fa per dire!) si muove lasciando gli hard (i duri) alle loro progressioni verso mete altimetricamente più elevate: la strada forestale, traccia evidente anche se innevata, lascia gli animi tranquilli e sereni durante i primi passi: loro non lo sanno, il programma riportava solo una piccola sortita al rifugio Segheria, ma la mia intenzione più o meno celata è quella di arrivare fin sotto la Falconara, su quel magico balcone che si affaccia sulla cresta dell’Infinito (la cresta che va dal Colle della Scala fino alla vetta della serra Dolcedorme) e sul bacino idrografico del Raganello: oggi c’è un po’ di foschia, non credo in una particolare visibilità ma intanto ci muoviamo e chissà … si vedrà una volta giunti.

Dell’altro gruppo solo qualche piccolo squillo della trasmittente ci comunica che siamo in linea d’aria: del resto fino a che non supereremo il Toppo di Vuturo è ipotizzabile persino un ideale contatto aereo fra i faggi che ormai sono solo così carichi fino a piegarsi sulla strada e gli abeti che sembrano aver “ammosciato le orecchie” sotto la neve. Superato il rifugio Segheria la strada inizia ad essere innevata al punto che in qualche tratto Luca ci lascia le ginocchia dentro per poi ritoglierle immediatamente tornando dietro la pista scavata dai primi: per lui è particolarmente dura oggi ma non demorde. Tracce diverse di lupi e volpi, di lepri sempre in corsa si incontrano uniche su questi sentieri immacolati: la giornata non è assolutamente generosa di sole e alle prime salite dopo qualche timido accenno il sole ci lascia definitivamente per mostrarsi appannato da nuvole e velature dietro il Toppo di Vuturo.

Possibile che quest’anno non becchiamo una giornata di sole e di azzurro per le nostre foto che sistematicamente si appiattiscono senza contrasti cromatici? Spero già in future escursioni e nell’animo mi accontento sperando che tali velature non si trasformino presto in fiocchi di neve: superata la fontana la temperatura scende un po’ e timidi soffi di vento raffreddano i corpi ma, ciononostante, oggi si sta proprio d’incanto. Scorgiamo tracce di ungulati, forse caprioli o cervi a sentire il parere del Mago e di Alessandro che discutono e riflettono quasi come fossero in un consesso internazionale: mi limito solo ad osservare in cuor mio come tali animali riescono ad essere cosi leggeri sul manto di neve da lasciare tracce così poco profonde mentre io sfondo la crosta ad ogni passo per scavare solchi non meno profondi di una ventina di centimetri. Mi ritorna in mente una frase, un concetto di Erri De Luca (mi pare su “Le tracce di Nives”) per il quale arrampicare, ma in genere muoversi nella natura, facciano riflettere su quanta eleganza e maestria possiedono i movimenti di certi animali: se non fosse per queste giornate difficilmente apprezzeremmo questi piccoli segnali della natura.

Le ore passano velocemente ed anche il meteo sembra voler cambiare alla stessa velocità: le previsioni portavano le prime variazioni e l’abbassamento dello zero termico verso le 16,00 ma, si sa, in montagna tutto può variare nell’arco di anche soli pochi minuti. Così arrivate le 12,30 iniziamo a fare il punto della situazione: la meta prefissata è vicina ma il volto dei più piccoli dimostra i primi segni della fatica dovuta alla progressione in una neve che si è poco consolidata in virtù di temperature ancora un po’ alte per la stagione e della copertura nuvolosa dei giorni scorsi: meglio fermarsi e pensare ad una sosta per recuperare un po’ di energie e bere qualcosa di caldo.

Il Mago mi invita ad una veloce sortita per arrivare alla meta prefissata, ormai non più tanto distante, a cui non so resistere anche se penso che dovremo essere così veloci da lasciare al massimo il tempo di uno spuntino a quelli che rimangono per far si che non si raffreddino molto: ci piombiamo velocemente sul percorso e pochi minuti dopo siamo affacciati dal “balcone sul Raganello”: lo spettacolo è incredibile anche se pensiamo che un po’ di sole avrebbe contrastato meglio l’orografia di alcuni rilievi; siamo sotto la Falconara, rimarrei ancora per molto qui sotto (e l’idea di salire su quelle rocce che la caratterizzano e affiorano sotto la neve mi accarezza i pensieri per future escursioni) ma dopo qualche foto verso l’Infinito ritorniamo svelti sui passi percorsi e raggiungiamo velocemente gli altri che già si sono messi in movimento seguendo le raccomandazioni lasciate di non stare troppo fermi: Mamo (o Massimiliano, che dir si voglia) è già sulla strada quasi in apprensione per il ritorno, ma siamo ampiamente nei tempi anche considerando il passo delle mascottes del giorno. Superato il Toppo di Vuturo contattiamo via radio “i duri” che stanno scendendo già da Pietra Castello, comunicandogli di darsi da fare perchè il fuoco oggi lo accendono loro: fragorose risate seguono questi “marconistici” scambi di vedute da fuochisti sprovveduti e poco volenterosi.

Il percorso del ritorno, frammezzato fra tentativi di foto di gruppo con autoscatto e soste ristoratrici a base di the caldo e mandorle, scorre veloce nonostante un po’ di fatica accumulata soprattutto nei più piccoli ed in breve siamo nei pressi della Duglia che son quasi le 15: già da lontano sentiamo odore di fumo segno che gli altri hanno già dato fuoco ai pochi “legnetti” portati da casa: l’incontro è meraviglioso: già da qualche centinaio di metri prima dell’area pic-nic Luca aveva iniziato a tirare il gruppo per l’ansia di arrivare sul luogo della battaglia: lungo la strada progetti e strategie belliche a base di proiettili bianchi avevano più volte, sempre sottovoce, attirato la curiosità dei grandi spesso alleati strategici e misteriosi, alleati e sobillatori contro “anime mansuete”.

Le piccole “palette” per scivolare sulla neve fanno subito il loro dovere per assicurare traiettorie fenomenali sui pendi fra i faggi rigenerardo magicamente energie nascoste mentre i più chiacchieroni si godono un po’ di cibarie, wisky e sigarette al tepore del fuoco scambiando sorrisi e resoconti sull’attività svolta. É andata, anche questa giorna sta per terminare: ma prima che il buio ci avvolga in questa atmosfera incantata Damiano ci richiama alla foto di gruppo necessaria per immortalare in un clic questa gran bella compagnia di bontemponi che vivono e si ricreano con pochi gesti semplici e che ogni volta riscoprono insieme il valore grande e incommensurabile dell’amicizia e dello stare ancora insieme.

Alle prossime allora … GiPer

(Nota: che qualcuno integri questa cronaca con il resoconto dell’escursione hard sulla Pietra Castello: fatevi sotto!)