TREKKINANDO PER LOCOROTONDO

Il socio ed amico Franco G. Rizzi di Locorotondo ci ha inviato un suo scritto da cui lascia traboccare tutto l’amore che nutre per la sua terra e il desiderio di farla conoscere anche a noi.
Chi fosse interessato ad una escursione fuori calendario a Locorotondo, che potrebbe tenersi tra aprile e maggio, può chiedere informazioni presso la sede dell’Associazione a Matera in via Francesco d’Alessio n.21, che è aperta il venerdì dalle 18.00 alle 20.00 circa.

Ottobre, è tempo di vendemmia, nell’aria frizzantina tipica d’autunno, si avverte quel profumo di uva pigiata che ci accompagna lungo le strade che collegano le ben 138 contrade che costituiscono, con il nucleo del centro storico, la ridente cittadina in provincia di Bari nel cui nome sono inserite ben cinque “O”: LOCOROTONDO. Territorio incastonato tra le province di Bari, Brindisi e Taranto, dominante la Valle d’Itria ed importante via di comunicazione tra l’Adriatico e lo Jonio. A differenza di altri comuni del circondario, Locorotondo ha la peculiarità di avere la popolazione sparsa anche sul territorio  extraurbano, con punte del 65 % della intera popolazione residente nelle contrade. Questa condizione ha favorito notevolmente il suo sviluppo, in quanto la presenza di insediamenti abitativi ha fatto si che  nel tempo tutto l’agro fosse servito da impianti tecnologici di carattere prettamente urbano, con particolare riguardo alla viabilità. Ed è stata appunto questa a darmi lo spunto per questo scritto, in quanto, percorrendola in lungo e in largo, ho potuto apprezzare tutte le sfumature di cui si compone la bella campagna di Locorotondo. Quel continuo intrecciarsi di muri a secco che delimitano i vari appezzamenti di terra, mi dà l’impressione di una immensa rete che avvolge il territorio, nelle cui maglie si intravedono le varie coltivazioni, con una svariata quantità di colori dovuti alla diversità delle coltivazioni che va dal marrone della terra appena arata, al verde del seminativo e dei boschi, al color tabacco dei vigneti nei quali, in questo periodo  si osserva  notevole movimento di manodopera per la raccolta dell’uva. Spesso essa viene lavorata direttamente in loco in ambienti chiamati “palmind” (palmento) e tradotta in mosto che successivamente, con l’approssimarsi dell’inverno maturerà e diventerà quel nettare chiamato “doc Locorotondo”. Da noi la vendemmia è ancora una festa, un clima gioviale campeggia tra i contadini, si canta e scherza durante le varie fasi dei lavori che si concludono puntualmente con laute cene innaffiate dal buon vino della precedente vendemmia. Le mie escursioni mi portano su e giù per i declivi, mi fa avvertire la presenza dei boschi per il repentino ridursi della temperatura, dovuta alla fitta vegetazione. Mucche, pecore e capre al pascolo, mi salutano con lo scampanio dei campanacci appesi al collo. Contadini impegnati nei vari lavori, rispondono cordialmente al mio augurio di buona giornata, invitandomi ad assaporare i prodotti della terra. Spesso, percorro sentieri tracciati dal bestiame all’interno dei boschi. Mi affascina lo scricchiolio dell’erba secca  sotto le mie scarpe e la miscellanea dei profumi che si propaga al mio transitare, calpestando erbe aromatiche. Panorami mozzafiato si possono ammirare dalle alture che si affacciano sull’Adriatico, mentre l’occhio si posa su una distesa infinita di alberi di ulivo che degradano verso il mare. Lungo le strade si susseguono veri capolavori di maestri trullari, pietra lavorata sapientemente sino a diventare trullo, cummerse (versione cittadina del trullo), archi, pavimentazioni e murature le quali non sono altro che le abitazioni dei residenti, curate in ogni dettaglio nel rispetto delle più vive tradizioni locali che hanno sempre esaltato e sfruttato quanto madre natura ha reso disponibile. Dall’alto dei rilievi si intravedono le sagome maestose delle masserie, veri e propri monumenti all’aggregazione contadina di un tempo, che purtroppo oggi è scomparsa con il frammentarsi della proprietà, ma ancora presente fisicamente a testimonianza della cultura locale. Mi soffermo presso uno dei tanti cantieri edili per la ristrutturazione dei trulli, osservo l’ossatura portante dei coni, le murature spesse oltre il metro, pietra su pietra sino ad assumere la sagoma di abitazione rurale dei tempi andati che era condivisa con il bestiame, fonte di sostentamento per interi nuclei familiari. Masserie, aie, chiese rurali, cisterne comuni, danno la sensazione di spiccata aggregazione, scandita dal levare e calare del sole. Quella atmosfera ovattata che oggi è difficile riscontrare nel vivere frenetico quotidiano, si riscopre penetrando nel tessuto locale con le varie escursioni  che auspico a tutti di assaporare per godere di quelle gioie che  solo la semplicità può dare. Vorrei condividere con tutti voi queste mie esperienze, rendervi partecipi del mio entusiasmo invitandovi fra i trulli della campagna di Locorotondo.

Ottobre 2006

Franco G. Rizzi